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Cliccare e aprire un video su Facebook in cui si riceve un tag da uno sconosciuto non è una buona idea.
Spesso dietro al link o al video si nasconde un virus che, una volta infettato il dispositivo e duplicato l’account del malcapitato, inizierà a taggare a sua volta sconosciuti per continuare a diffondersi.

Il problema del tagging su Facebook si fa sempre più serio, con le segnalazioni di tentativi di phishing, diffusione di malware e virus che aumentano ogni giorno. I cyber criminali sfruttano una delle funzioni offerte dal social network per aumentare le interazioni e i propri contatti: la possibilità di taggare nei propri post non solo le persone nella lista degli Amici, ma anche profili a loro sconosciuti. Questa tipologia di virus una volta attivato inizia a creare delle catene di Sant’Antonio a insaputa di chi è stato infettato, taggando a sua volta decine di contatti sconosciuti. Per difendersi da questi tentativi di attacchi hacker, gli utenti di Facebook possono scegliere di disattivare la funzione dei tag da sconosciuti: ecco come fare.

Virus su Facebook: come si diffondono tramite i tag da sconosciuti
La strategia è sempre la stessa: l’utente viene invitato attraverso l’uso dei tag di Facebook a fare clic sul link a un video, magari dal titolo accattivante, da una persona che non conosce. Dietro al link però si nasconde un malware o un virus in grado di infettare il dispositivo, sia esso uno smartphone o un PC, e di rubare le credenziali e le informazioni personali del malcapitato utente del social network.

In questo modo i cyber criminali riescono a duplicare il profilo o accedervi, inviando a loro volta tag a persone sconosciute con lo stesso link al video. Solitamente, il malware si diffonde inviando una decina di tag dal profilo dell’infettato e così via per chiunque apra il video che contiene il virus. Una sorta di reazione a catena che può raggiungere migliaia di persone in poco tempo.

La minaccia in realtà è ancora più seria se i tag vengono inviati da contatti che sono nella lista degli Amici, perché spesso chi ne ruba il profilo invia anche dei commenti per invogliare i malcapitati ad aprire il link. E così il virus continua a diffondersi nel social network.

Virus dai tag su Facebook: come difendersi
Per difendersi dai virus nei tag di Facebook, gli utenti hanno a disposizione alcune strategie. La prima che risulta efficace in ogni situazione è quella di non aprire i link e i video che hanno dei titoli sospetti. Ad esempio, un link che promette di fare soldi facili in pochi clic: sarà bene diffidare del titolo clickbait e passare oltre, magari anche segnalandolo alla piattaforma. Fare attenzione ai link sospetti che vengono segnalati tramite tag difende gli utenti sia nel caso che arrivino da sconosciuti, che da contatti nella lista degli Amici.

L’altra soluzione per difendersi dai tag ai video da sconosciuti è quella di modificare le impostazioni di notifica del proprio profilo Facebook. Il social network consente agli utenti di disattivare le notifiche dei tag che vengono inviate dagli sconosciuti e ricevere solo quelle della lista Amici o al più Amici degli amici.

Per farlo, bisogna aprire la pagina Impostazioni e privacy>Impostazioni>Notifiche>Tag. Nella sezione Ricevi notifiche quanto di taggano si potrà scegliere tra Tutti, Amici degli amici e Amici: selezionare l’ultima opzione per non ricevere più tag da sconosciuti. Poi nella sezione Dove ricevi queste notifiche, tra le opzioni Push, E-mail e SMS, spuntare il Sì solo su Push: la notifica arriverà solo quando si apre il social network.

Per approfondimenti: Libero

Un link per scaricare la nuova versione in rosa di WhatsApp, che sostituirebbe il tradizionale verde dell’applicazione di messaggi.
Ma si tratta di una truffa cui è meglio stare attenti per non vedersi sottrarre dati sensibili, ma anche foto, rubrica e, in qualche caso, password.
A spiegare come funziona l’ultima trovata dei cyber criminali – assolutamente da evitare ma che ha già colpito numerosi utenti – è Laleggepertutti.it.

“In pratica – spiega il sito di informazione legale -, gli utenti ricevono un link che invita a scaricare questa ‘nuova’ versione di WhatsApp in cui l’interfaccia cambierebbe colore passando dal classico verde al rosa.
Una volta installata, l’applicazione svanisce improvvisamente dalla schermata principale del dispositivo e resta attiva in background rubando i dati delle vittime, prendendo il controllo della loro rubrica o inoltrando messaggi ai loro contatti con la richiesta di effettuazione del download dell’app. Ed è così che la truffa continua a diffondersi”.

Come intervenire, quindi, e mettere al sicuro il proprio dispositivo se è stato già effettuato il download? “Bisogna disinstallare immediatamente WhatsApp Pink – spiega ancora laleggepertutti.it – e chiudere tutte le sessioni attive dalla versione Web di WhatsApp accessibile dalle impostazioni dell’app ufficiale e cancellare la memoria del browser”.

Ma la truffa della versione rosa di WhatsApp, aggiunge il sito di informazione legale, non è l’unica che sta spopolando in rete nelle ultime ore.

“Circola anche la truffa del ‘codice a 6 cifre’ che sfrutta appunto la sequenza di numeri necessaria per il trasferimento rapido dell’app di messaggistica istantanea nel momento in cui l’utente passa ad un altro smartphone oppure cambia il proprio numero di telefono.
Anche in questo caso – si legge -, le vittime ricevono un messaggio da un contatto presente nella propria rubrica (già caduto nella trappola), in cui dichiara che è stato inoltrato il codice univoco tramite sms e, pertanto, richiede l’invio della sequenza numerica.
Assecondando la richiesta e aprendo il link ricevuto tramite sms, si dà il via libera ai cyber-criminali che, anche stavolta, riusciranno ad accedere ai dati personali della vittima, alla sua rubrica, alle carte di credito.
Una truffa che ha come conseguenze non solo il furto di identità, ma anche lo svuotamento del conto delle vittime ignare e l’effettuazione di spese non autorizzate”.

Fonte: Adnkronos

Google si sta preparando alla “new normality“, ossia al nuovo status a cui occorrerà adeguarsi per poter rispondere al meglio non solo ai prossimi mesi di difficoltà, ma soprattutto a tutto quel che verrà poi. Una deadline è stata posta fin da ora: settembre 2021, data entro cui Mountain View conta di poter fare un cambio di passo.
Ma è questa una data che fa parte di un percorso già iniziato e che con il senno del poi potrà essere visto come un passaggio di grande trasformazione.

Google: lo smart working sarà regola

Quando la pandemia è iniziata, Google è stato tra i primi gruppi ad operare una scelta radicale: uffici chiusi in tutto il mondo e dipendenti a casa per poter lavorare da remoto in sicurezza. Non era questa una scelta strutturale, ma una risposta d’emergenza a quella che era una situazione inattesa a cui l’azienda voleva rispondere con paradigmi da quelli con cui aveva invece risposto la politica USA. Il prolungarsi dell’emergenza ha fissato la prossima scadenza: fino a settembre 2021 Google proseguirà con questo regime, confermando quelle che sono le aspettative già proferite da Bill Gates in queste ore: i prossimi 6 mesi saranno i peggiori per gli Stati Uniti. Meglio non rischiare, insomma: per Google è solo con l’autunno che si potrà pensare di modificare le cose.

Ma nessuno può attraversare la pandemia senza trasformare il proprio modo di fare e di essere: dopo il settembre 2021, infatti, Google prevede di trasformare lo smart working in vera e propria regola fissa. La “New Normality” sarà fatta di 3 giorni da casa e 2 giorni in ufficio, offrendo così maggior elasticità ai dipendenti e riorganizzando tempi e modi della collaborazione. Google sta facendo di questo mantra un vero e proprio modello di business attraverso l’offerta Workplace, dunque trasformare il tutto in modus operandi significa farsi testimonial primo di un certo modo di pensare il mondo del lavoro.

Le trasformazioni saranno inevitabilmente ben più profonde: non si tratta soltanto di spostare parte del tempo di lavoro in un nuovo luogo, ma significa radicalizzare l’ingresso in azienda di specifici strumenti di collaborazione e organizzazione, nonché nuovi metodi per valutare performance e capacità di operare in logiche di squadra. C’è da immaginare anche un certo qual vuoto normativo che lascerà spazio a deviazioni pericolose a cui solo nuove politiche del lavoro (nonché nuove logiche sindacali) potranno far capo.

Il 2021 sarà un anno di transizione e trasformazione, nel 2022 ci troveremo direttamente nella “new normality” con prevedibili scossoni ad ogni livello. A ognuno la scelta se essere “dinosauro” e far la voce grossa contro il cambiamento, o trovare la chiave del cambiamento per farsi trovare pronti quando il mercato darà i propri giudizi. Ed è questa una scure che scenderà su ogni singola azienda ed ogni singolo professionista nei mesi a venire.

Notizia di Punto Informatico

Arriva su Amazon Music lo streaming audio di alta qualità, con la possibilità di ascoltare in streaming oltre 60 milioni di brani con audio in alta definizione (HD) e milioni di canzoni in Ultra HD.

“Abbiamo dialogato con molti artisti durante lo sviluppo di Amazon Music HD: erano entusiasti del fatto che i fan potessero riprodurre in streaming la propria musica preferita ascoltandola come era stata registrata in originale – commenta Steve Boom, VP of Amazon Music – Dal rock all’hip-hop dalla classica al pop, crediamo che ascoltare musica con questo livello di qualità possa far innamorare ancora di più della propria musica e degli artisti preferiti”. Album leggendari come Rumors di Fleetwood Mac e Kind of Blue di Miles Davis, diventano così nuove esperienze, come se l’ascoltatore fosse seduto in studio durante le sessioni di registrazione. Un catalogo crescente di audio 3D è inoltre disponibile attraverso Amazon Music HD.

I clienti di Amazon Music in Francia, Italia,….

Facebook e alcuni partner scientifici hanno messo in palio 50mila dollari per chi avrà la migliore idea su come utilizzare il più grande database esistente sul Covid-19, raccolto con dati da tutto il mondo.
La challenge, spiega la rivista del Mit, è stata organizzata dal Delphi Group della Carnegie Mellon University, dall’università del Maryland e dalla Duke University, e può contare sui dati di oltre 25 milioni di persone.

Il database è stato creato attraverso un questionario distribuito ad un gruppo di utenti del social scelti a caso, con 36 domande che vanno dalla descrizione di sintomi propri o di persone conosciute agli eventuali problemi mentali o finanziari.

I ricercatori stanno già utilizzando i dati insieme ad altre istituzioni scientifiche per risolvere problemi come la creazione di modelli che prevedono l’occupazione degli ospedali o lo studio dell’impatto dei lockdown sulla salute mentale, ma ora gli ideatori dell’iniziativa cercano ‘idee fresche’. “Siamo interessati a qualsiasi novità – spiega Alex Reinhart, uno degli ideatori -. Ogni approccio che renda i dati che raccogliamo importanti per le comunità. Potrebbero essere dei metodi migliori di previsione, o delle semplici dashboards”.

La challenge è aperta fino al 29 settembre, e prevede appunto un premio di 50mila dollari per il primo classificato e di 25mila per il secondo, oltre alla possibilità di sviluppare le proprie idee con qualcuno dei partner del progetto.

Forse non sarà ancora chiaro a tutti, ma c’è solo un’unica grande speranza per poter affrontare l’autunno senza che tensioni, isolamento e lockdown possano influire su aziende, commercio, tempo libero, attività economiche e quant’altro. Quest’unica grande speranza è la responsabilità individuale.

Qui il mondo si divide in due parti: chi a questo punto diventa spontaneamente pessimista, ritenendo che della responsabilità individuale non ci si possa fidare, e chi invece guarda ai dati e ritiene l’Italia generalmente responsabile, benché afflitta da no-mask, politici e negazionisti della domenica che non fanno gli interessi della collettività. Chi fa parte di questi ultimo può evitare di proseguire nella lettura: sarebbe esercizio di stile poco utile e sarà solo una perdita di tempo prima di arrivare a rovesciare livore tra i commenti. Per tutti gli altri, andiamo al dunque.

Per approfondire: https://www.punto-informatico.it/responsabilita-impegno-tracciabilita/

Ci siamo prima, durante e dopo...

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